Scrivo da un treno che sta lasciando Padova... sarebbe più romantico dire che scrivo da Padova, ma credevo di avere un'ora di tempo e invece ho trovato subito la coincidenza. Ero solo di passaggio e non ho avuto neanche tempo di dare un'occhiata alla patria di mio papà, che il prof. Boskovits mi ha fatto amare ancora di più.
Il mio professore di Arte Medioevale se n'è andato il 22 dicembre, e il primo pensiero va alla sua famiglia e amici e ai tanti studenti che gli hanno voluto bene negli anni. I miei pensieri e le mie preghiere sono con loro. Se volete sapere di più su di lui, cercatelo su Wikipedia... sì, era fico a tal punto.
Quanto a me, mi rimane l'enorme rimpianto di non aver fatto qualcosa che, lo capisco solo ora, non potevo fare a causa del mio disturbo mentale e non dipendeva da me - ma non per questo fa meno male. Ho seguito il suo corso nel 1994, e in questi 18 anni sono stata troppo terrorizzata per andare a salutarlo, ringraziarlo per quello che ha fatto per me e parlargli del romanzo che il suo corso mi ha ispirato - uno dei tanti che, dopo un anno di penosa riflessione sulla mia vita, ho intenzione di sistemare e pubblicare al più presto, ma troppo tardi per il prof. Boskovits.
Non so se basterà un viaggio in treno per dire tutto, ma ci provo o non ritroverò mai più il coraggio. Lui non spiegava un'opera d'arte: raccontava una storia. Non partiva dalla fine, "quadro di Tizio che si trova al museo tale"; no, lui cominciava, con il suo inimitabile accento: "Vasari racconta che anni prima, in una chiesa oggi distrutta, si trovava un polittico che la tradizione popolare attribuiva a Caio, ma che sul retro recava una scritta semicancellata..." E noi pendevamo dalle sue labbra.
Il suo capolavoro fu l'ultima parte del corso, Altichiero e Iacopo Avanzi. Il romanzo era già lì pronto. Un pittore relativamente famoso, ben documentato, ma inspiegabilmente confuso a ripetizione con uno o più Avanzi, semisconosciuti, forse bolognesi... ma di sicuro Altichiero lavorò con qualcuno nella Cappella Lupi al Santo di Padova, perché si distinguono chiaramente due mani, armonizzate fra loro e allo stesso tempo diversissime. La seconda mano viene identificata con quella dell'unico Iacopo Avanzi che abbia lasciato un'opera firmata, una Crocefissione che si trova a Roma - caratterizzata dallo stile brusco e innovativo della seconda mano della Cappella Lupi, opposta e attratta dalla prima mano, molto più classica e dolce. La prima mano viene ormai identificata con sicurezza con Altichiero, e il prof. Boskovits (anche se nella storia che ci raccontò non parlò di sè) ha contribuito a far luce sul suo collaboratore Iacopo Avanzi, ma... perché un documento parla dell'abbassamento delle impalcature per "IL pittore"? Quale? E l'altro? E perchè nell'adiacente Oratorio di S. Giorgio, in un ciclo di affreschi attribuito ad Altichiero, si dice che si vedesse un tempo la firma "Avantus"? Ma se andate a controllare oggi, la firma non c'è più...
Il fuoco non divampò subito. Il professore ci portò in un fantastico viaggio di studio a Treviso, Verona e Padova, e ciascuno di noi doveva preparare un argomento da illustrare in loco ai suoi compagni. A quanto pare non mi battei per i miei eroi perché scelsi il Battistero di Giusto de' Menabuoi in Padova (un altro capolavoro) e quello occupò tutta la mia attenzione. Solo pochi mesi dopo, all'esame, ero disperata perché il professore chiese A&A alla ragazza prima di me.
Mentre studiavo avevo schizzato i ritratti di Altichiero e Iacopo sul programma del viaggio, in cui il prof ci avvertiva di portare il "binicolo". Tempo dopo scoprii che il profilo di Altichiero era quasi identico al presunto autoritratto nell'Oratorio. Il mio inconscio aveva estratto un'informazione che avevo dimenticato di conoscere? Una coincidenza perché in fondo i profili degli uomini medioevali sono tutti un po' simili? O un segno?
Imola '94 probabilmente contribuì alla mia passione nello scrivere il romanzo, una storia di morte prematura ma anche di bellezza e amore che non hanno fine. Non ne feci nulla, come al solito. Qualche anno fa un viaggio a Padova riaccese l'entusiasmo e sottoposi il romanzo a una revisione, ma ancora non bastava a renderlo pubblicabile. Poi arrivò l'infatuazione per qualche altro periodo storico che su base annuale o biennale mi spinge a scrivere un romanzo. Ma per tutto il tempo sognavo di chiedere consiglio al prof. Boskovits. Non ho mai trovato il coraggio.
E ora non posso più farlo. Spero almeno che, dovunque si trovi, lui adesso sappia quanto lo ammiravo e quanto gli devo. Grazie, prof. Boskovits, e confido che abbia portato il binicolo.