Perché faccio quello che faccio?
Non so da dove cominciare a spiegare quello che ho dentro. La cosa più facile sarebbe dire che non c'è niente. E' così che mi sento, in ogni modo. Non me ne frega niente. Degli amici, di quello che faccio, delle cose che sono, erano, dovrebbero essere importanti per me. Qualche volta le vedo morire sotto i miei occhi. Cose che mi sono profondamente care - poi capita un evento che mi dice che non valgono niente, che sono cattive, che sono semplicemente stupide. Quindi *io* non valgo niente, sono cattivo e stupido perché penso che tali cose siano importanti. Allora, molto quietamente e razionalmente, le piego e le metto via. E silenziosamente cesso di esistere. Non sento niente. Non penso niente. Non sono più nessuno. Non ti è mai sembrato di non esistere, Remus? No? Sei fortunato. La maggior parte delle volte non riesco a guardarmi allo specchio perché non riconosco il viso davanti a me.
Al meglio, cerco vaghi sentimenti di sicurezza con persone che so che non mi faranno troppo male, ed è tutto quello che desidero. Ma quando mi trovo in un gruppo di gente che si gode una vita che non significa niente per me, quando esprimono le loro opinioni come persone normali, è come se qualcuno mi urlasse continuamente nelle orecchie. A volte è solo il volume che mi uccide, a volte c'anche una lama affilatissima che mi trapassa il cervello, causando un breve dolore lacerante - prima che io spenga tutto e metta via un'altra cosa ancora che non posso lasciare nelle mani dei nemici. Non lo fanno apposta, chiaramente, e non vorrei mai che tutti la pensassero come me. E' l'ostilità che sembra urlarmi nella mente, perfino quando è diretta verso cose che non mi riguardano. È come se fossi un sismografo di ostilità estremamente sensibile che a un'estremità, invece di carta e penna, ha un bisturi affilatissimo che traccia solchi sanguinanti sulla superficie nuda della mia carne a cui è stata strappata tutta la pelle.
Il lato positivo (ha!) è che sto cominciando a capire la ragione, e la sto scrivendo qui con la punta di un pugnale intinto in sangue e lacrime. C'era una volta qualcuno che era come sono io oggi. Non so perché: lei non cercò mai di capire, come sto cercando adesso di capire io, e forse non pensò mai che *poteva* capire. Mi guardava - la persona più importante del mondo per lei - e sentiva che non mi piaceva, che le sue opinioni non mi interessavano, che il mio voler essere diverso da lei era una minaccia, un rifiuto di quello che era. E invece di chiedere il mio aiuto e comprensione, che le avrei dato con tutto il mio amore, lei fece quello che ora sto facendo io a tutti gli altri: mi chiuse fuori. E così facendo, siccome anche lei era tutto il mio universo, mi insegnò che era l'unico modo. Tutto il resto, tutte le paure, tutto quello che i Dissennatori mi hanno fatto e continuano a farmi - è solo conseguenza di quegli insegnamenti, che sono stati la terra fertile in cui loro hanno affondato le loro oscene radici. Perché se quello che sono non vale nulla, al punto che non merito neanche di esistere, allora tutto può farmi male e può distruggermi in qualsiasi momento.
Forse, quando riuscirò a perdonarla per questo, quando capirò che quel ritratto sul muro non grida contro di me ma contro lei stessa, sarò guarito. Immagino - spero - che la mia vita sia ancora là sotto da qualche parte, e un giorno o l'altro riuscirò a tirarla fuori e spolverarla e la vivrò di nuovo, come nuova, tutta luccicante. Per adesso non me ne frega niente e non voglio che me ne freghi. Accettatelo. Sapete che vi voglio bene - e sapete quando riesco a dimostrarlo. Per tutto il resto, perdonatemi. | Why am I doing what I'm doing?
I don't know where to start explaining what I have inside. The easiest thing would be to say that there's nothing. That's how I feel, anyway. I don't care. I don't care about friends, I don't care about what I do, I don't care about things that are, were, should be important to me. Sometimes I see them die before my eyes. Things I cherish and hold dear - then something happens to tell me that they are not worthy, that they are bad, that they are plain stupid. So >I< feel unworthy, bad and stupid for thinking they are important. Very quietly and rationally, I fold them up and put them away. And quiety I fade out of existence. I feel nothing. I think nothing. I am no more. Have you ever felt like you didn't exist, Remus? No? Lucky you. Most of the times I can't look into a mirror because I don't recognize the face that stares back at me.
At best, I look for vague feelings of safety with people that I know will not hurt me too much, and that's the best I aspire to. But when I stand among a bunch of people who enjoy a life that means nothing to me, when they express their opinions as normal people do, it is like somebody screaming continuously into my ear. Sometimes it's just the volume that kills me, sometimes it's also a sharp blade that slices clean through my mind, bringing a brief, searing pain - before I shut off and put away yet another thing that I cannot leave in the hands of enemies. They don't do it on purpose, of course, and far be it for me to want them to think like I do. And hostility feels like screams to me any way, even when it's directed towards things that don't concern me. It's like I were an extremely sensitive hostility seismograph that has
The bright (ha!) side is that I'm learning why it is so, and now I am writing it down with the point of a dagger dipped in blood and tears. Once, a long time ago, there was someone who was like I am today. I don't know why: she never wanted to understand, the way I want it now, maybe she never even thought she *could* understand. She looked at me - the most important person on earth for her - and felt that I did not like her, that I did not care about her opinions, that my wanting to be different from her was a threat, a denial of what she was. And instead of asking for my help and understanding, which I would have given her with all my love, she did what I am doing now to everybody else: she shut me off. And in so doing, since she, too, was all my world, she taught me it was the only way. All the rest, all the fears, all that the Dementors did and do to me - they are a consequence of those teachings, which are the fertile ground where they sink their obscene roots. Because if what I am is worth nothing, to the point that I don't even deserve existence, then everything can hurt me and destroy me any moment.
Maybe, when I manage to forgive her for this, when I understand that portrait on the wall does not scream at ME but at herself, I will be healed. I guess - I hope - my life is still all down there somewhere, and someday I'll manage to pull it out and dust it off and enjoy it again, shiny and new. Now, I just don't care and don't want to care. Deal with it. You know I love you - and you know when I manage to show it. For all the rest, just forgive me. |